Arte moderna

by | Ott 28, 2021 | Ero io?, Società | 0 comments

Ho un problema. Tra i tanti.

Non riesco a fare mio il concetto di Arte Moderna.

Prima che parta la shitstorm vorrei specificare: IO non riesco a fare MIO il concetto di Arte Moderna.

È qualcosa che penso da diversi anni e, ogni volta, mi illudo di poter cambiare questa percezione. Fallendo miseramente.

Poco tempo fa ho visitato un Museo Internazionale. Uno di quei musei che, quando inserito in un discorso, ti fa fare la figura del figo dicendo "Ah, beh. Certo… è ovvio che… l'ho visitato!". Detto con aria di sufficienza, mente le estremità delle dita della mano chiusa scorrono parallelamente alla labbra.

Ed è vero. Ci sono stato.

Ho cercato di vivere quel museo esattamente come gli allestitori lo hanno concepito. Vi erano alcune installazioni anonime e, assieme alle altre persone, le ho osservate con estrema sufficienza. Un proiettore sparava fotoni su un muro, nel quale appariva un cortometraggio. L'audio gracchiante e una lingua a me totalmente sconosciuta non mi hanno fatto capire il resto di un cazzo. Ma ci arriviamo dopo.

E se vi stesse chiedendo quale fosse quella lingua sconosciuta… no, non ero in Calabria.

Giro verso destra e faccio due passi. Scorgo una teca di vetro. Mi avvicino. Vedo all'interno una candela, la cui estremità era malamente dipinta di un colore arancione. Quell'arancione a metà tra il tuorlo d'uovo e la merda di un neonato. O di un adulto con evidenti problemi di cistifellea.

Ho cercato di capire come quell'apice potesse essere stato colorato e forse, la frase di prima, era un buon binario da seguire per la risposta. Comunque sia, mi sembrava come se fosse stata affondata in una melma colorata che è rimasta attaccata alla paraffina. Alla base della candela vi erano dei chiodi. Sì, dei comuni chiodi da carpenteria. Erano disposti in modo quasi ordinato, formanti una corona. La punta era rivolta verso l'esterno.

Non ho letto la didascalia perché volevo cercare di capire. Volevo entrare in sintonia con l'Artista e fare mio ciò che ha messo accuratamente dentro quella teca, esponendolo a migliaia, decine di migliaia, beh… tante persone. Me compreso.

Non ho capito un cazzo.

Ovviamente.

Dopo aver compreso che era meglio arrendersi ho letto la descrizione. Premesso che credo di cavarmela abbastanza bene con l'inglese. La padronanza della lingua della Regina mi permette di affermare che quanto scritto in quel rettangolo sono riuscito a tradurlo agevolmente. Quella candela inzuppata dentro un tuorlo d'uovo mischiato con la merda di un moccioso di tre o quattro giorni, secondo il Curatore dell'esposizione, aveva un significato antropologico molto profondo. Il seguente:

" […] il chiaro intendo dell'Artista di esprimere il volto della società che, falsamente, illumina il mondo ma lo ferisce con le sue più infime bassezze"

Dei chiodi. Una candela.

"Il chiaro intento" che, se ci pensate, è un po' come dire: "Beh, non dovrebbe nemmeno esistere questa spiegazione. Però noi del MUSEODARTEMODERNA sappiamo che, statisticamente, potrebbero esserci delle capre come Faber Chris. Ci scusiamo in anticipo con gli intelligenti che vorranno visitare il museo, ma questa spiegazione – ahinoi – la dobbiamo fornire proprio per venire a colmare quel gap culturale che quel bipede/quadrupede di Faber Chris espone con fierezza".

Non c'è altra spiegazione.

L'ho fissata a lungo. E niente, per me sarebbe stato più opportuno scrivere questo:

"Il chiaro intento dell'Artista è ricordare al suo pubblico di quella volta che rimodernò casa. Per colpa dei lavori rimase al buio e, in basso, ci sono i chiodi che le sono avanzati dai lavori di carpenteria"

Faber Chris

Logico, no?

Perché dovrei scorgere una società nella candela? Chiudete gli occhi per un attimo e pensate a questa cazzo di candela. Cosa vi viene in mente? A me la pedina del monopoli.

(SASHA! Non devi leggere più i miei post, lo so a te cosa fa venire in mente la candela! Per favore!)

(Scusate, parlo con Sasha Gray, la mia ex che non si da pace sia finita e che sbircia gli articoli del blog)

Comunque sono sicuro di una cosa: non visiterò mai più un museo. Almeno fino alla prossima volta.

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