Devo ammettere che credevo di conoscervi. Mi sbagliavo. In queste ultime settimane ho intravisto parti di voi che non conoscevo e – devo essere onesto – mai avrei pensato esistessero. Ho visto pittori, musicisti, oratori, poeti, cuochi. Perfino qualche runner. Tutto meraviglioso.
Ed è incredibile come l'essere umano possa essere così versatile. Durante le emergenze troviamo sempre qualcosa da fare per mostrarci migliori, per mostrarci diversi, per mostrarci attivi. Per mostrarci.
Oppure…
Oppure c'è qualcosa che non va e temo che questo "qualcosa" sia insidioso. Attenzione, nulla a che vedere con la positività che è una condizione cognitiva, entro certi limiti, molto nobile. Le vostre dirette, la vostra fame di reclamare uno spazio a me sembrano un grido disperato di chi crede che sia il momento giusto per colmare qualcosa.
"Hey, che cazzo. Io sono qui! E adesso che tutti fanno qualcosa, vedete? Anche io so fare qualcosa! La pizza, vedete come mi viene bene?"
Questo non è essere positivi. Questo vuol dire fare debito. Vuol dire prendere in prestito risorse ed energie che, invece, non si possiedono. Vuol dire liberare serotonina chiedendo in prestito quest'ormone alla Banca Mondiale della Depressione. Perché, se non fosse chiaro, questo è un momento e, come tutti i momenti, passerà. E quando tutto ciò tornerà come prima, come se fosse un 12 novembre 2019 qualsiasi, sapete cosa rimarrà? I piatti sporchi della pizza.
Ci sono due immagini che, questi giorni, mi sembra di poter associare a questa epidemia. La prima immagine è quella del caos. Ciascuno, appunto, tenta di emergere nel contesto della società, a volte spostando l'asta del grottesco verso l'alto. E nel caos, si sa, spesso i comportamenti possono perfino tendere al distopico. Ma non in questo caso, o per lo meno non ancora. Adesso, la serotonina, ci rende tutti felici. È il farmaco che ci ha permesso di reggere l'emotivamente devastante "botta" di rimanere chiusi in casa e di non vedere ciò che, lì fuori, sta accadendo. Le dinamiche sociali sono cambiate, per una serie di motivi abbastanza complessi. Le interazioni da persona a persona sono mutate. Tutto, dal piccolo del nostro schermo è finalmente a portata di mano. Un nuovo posto di lavoro, soldi, cambiare vita, la riccia del piano di sopra che non sa nemmeno che esistiamo.
Behind your tunnel vision reality fades, like shadows into the dark
Pink Floyd – Lost for words
L'alterazione del tempo e dello spazio, che sappiamo – vagamente – esistere lì fuori è soltanto parzialmente corretta dalla serotonina. Ci stiamo abbuffando di questo benessere talmente effimero che potrebbe soffocarci, esattamente come potremmo fare di fronte al primo pasto servito al primo piano del "buco" dopo aver fatto la fame oltre il centesimo piano.
Certo, al momento tutto funziona. Ma non mi meraviglia. Nell'analisi ecologica questo è uno stress e come in tutti gli stress la fase biotica dell'ecosistema reagisce cambiando, dapprima, le abitudini. È perfettamente normale che la catena trofica in qualche punto si sia spezzata e ricongiunta in modo casuale. Il problema sapete qual è? Evitare di arrivare a mangiare merda pensando sia qualcosa di mano stellata.
E questo mi fa pensare alla seconda immagine. Quella del "quando tutto finirà". Quando le nostre cellule nervose, in modo avido, inizieranno a ricaptare la serotonina cosa si farà? Dovremmo alzare ancora l'asticella del grottesco? Dovremmo spendere ancora più energie per costringerci di mentire a noi stessi di stare bene?
"Hey, eccomi! Sono io, sono felice. Vedi, prima impastavo la pizza ma adesso… adesso mi sto per sparare sulle palle in diretta facebook! Eccole le mie palle. E questa è la pistola."
And who knows which is which and who is who
Pink Floyd – Us and them