
– Ehi!
– Sei sorpreso?
– Si, che lo sono. È un sogno?
– Non proprio.
– Ma tu… sei morto.
– Direi di si, lo sono. A proposito, grazie per quel bel discorso in chiesa, sono stati in molti a commuoversi. Ma ora, caro mio, dimmi la verità, quando pronunciavi quelle parole a cosa pensavi?
– Ehm, quale "collaboratrice" aveva messo sott'occhio il parroco. Sai, era appena arrivato.
– Bravo! All'inizio pensavo a un numero dei tuoi, anzi dei nostri. Poi sei diventato serio, una caduta di stile. A proposito: ma tu, sì tu, cosa ci facevi in chiesa?
– E che ne so?
– Aspetta un attimo. Se tu sei morto, vuol dire che.
– Tutti dobbiamo morire, Jack. Chi prima e chi dopo.
– Anche tu hai visto Lost? Non mi dire!
– Si, qui ho avuto qualche anno di tempo come sai.
– Ma… è questo il paradiso?
– Si!
– Azz, ma ero convinto che andassimo all'inferno.
– Fabrizio, siamo più cattolici noi di quelli in giacca e cravatta della domenica.
– E Dio, esiste?
– Mi chiedi se esiste? Eccome! E gestisce un bar.
– Un bar? Facciamoci un goccio.
– Ma tu non bevevi.
– Oh si che non bevevo, ma dopo che tu sei passato a miglior vita ho capito che ogni tanto un goccio ci sta.
– Beh, non sai quanto mi sarebbe piaciuto farci un giro di amaro, qualche sera. Ma tu… voglio dire… come facevo con te, con quella cazzo di sprite.
– Ora son passato alla fanta!
– Vabbè, è uguale.
– Ho visto che hai di nuovo la barba lunga. Ti stava bene, quando era così bianca che mi sembravi un "genetista".
– Anche tu hai la barba.
– No, non è proprio la barba. Beh c'è qualche filo bianco adesso. Non ho voglia però di sistemarla, quindi eccomi così, trasandato.
– E i capelli corti?
– Mica tanto.
– Ma hai le orecchie da porco!
– Si lo so.
– Senti, Faber, come sai non mi sono mai interessato delle cose materiali.
– Non è vero, quando tornavi da lavoro mi compravi il pane, quello che mi piaceva, e una volta portasti dei CD. Li ricordo ancora, in un sacchetto di plastica. Forse li avevo nominati durante una discussione. E sai cosa? So che non ti veniva affatto di passaggio prenderli. Sei andato apposta a comprarli.
– Quelle sono minchiate! Volevo chiederti: cosa ti è rimasto, seriamente, di me?
– Un dopobarba. Beh, a pensarci, ironia della sorte, te lo avevo regalato io per il tuo compleanno.
– Faber… di me hai solo un dopobarba?
– Si, e se ti devo dire la verità l'ho ritrovato vuoto, forse per sbaglio l'ho fatto cadere.
– No, sono stato io a farlo sparire. Da qui.
– Ehi, lo sai che non credo a questi eventi.
– Beh si, ci ho provato! Ma Cristo! …
(un uomo barbuto, biondino, molto Cristiano entra in scena)
– Dimmi, il solito Fernet?
– No Cristo scusa, non volevo ordinare. Sai, certe abitudini sono difficili da dimenticare.
– Ok, se ti serve qualcosa chiamami.
– Fabrizio, non ti deve sembrare strano. Con questa crisi, anche nella volta celeste, i figli lavorano dai padri.
– Immagino.
– Crist… Cazzo! Un dopobarba, vuoi che sistemi le cose?
– No, non c'è bisogno. Soltanto una cosa, ti chiedo.
– Dimmi pure.
– Alla fine, beh quella sera, quando tu ecco… sei morto… ero molto stanco e…
– Si lo so. Quando sono morto hai dormito tutta la notte e ti sei svegliato il giorno dopo alle 10:00.
– Esatto, alla fine ero molto ma molto stanco.
– Ti ripeto, lo so. Cosa mi vuoi chiedere?
– …
-Dimmi pure, Faber.
– Di ricordare.