
In questi giorni ho riflettuto molto su un aspetto della nostra società, quasi pragmatico. È un momento difficile nel quale ci stiamo vestendo di un tessuto fatto da diversi strati: paura, speranza, voglia e delusione. Ciascuno strato si sviluppa in modo perpendicolare a quello sottostante rendendo, di fatto, questa veste più resistente.
È incredibile vedere come la società nella quale vivo sia la stessa che, graniticamente, esprime alcuni caratteri indipendentemente dal periodo. Tra questi vi è l'identificazione degli eroi. Normalmente un eroe è qualcuno che fa qualcosa di buono per tutti. Questo ragionamento è – secondo me – fallace per definizione. Nessun eroe potrà mai essere tale per tutti. Il ragionamento porta a delle aberrazioni che, per quanto siano assiomaticamente assurde, esistono: un mafioso, in fin dei conti, è una persona che porta il pane a casa agli occhi dei figli che quel pane lo mangiano. Medici, infermieri, operatori delle forze dell'ordine sono di certo eroi, almeno per me, ma lo sono per tutti?
E qui entra in gioco la visibilità. La capacità che l'azione compiuta sia analizzabile da una vasta platea. Molti eroi, tuttavia, non sono altro che piccoli puntini che si muovono in modo caotico nella vasta rete che connette tutti noi. Nessuno li nota. Sono piccoli, atomici, quasi inconsistenti. Ma hanno storie che meritano di essere raccontate per un motivo: rendono tutti noi persone migliori. Anche loro, nella loro atomicità, sono eroi.
Una ragazza ("sesso debole") ha solo uno zaino con sé. Uno zaino nel quale tiene la sua vita intera e possiede solo quello. Lo ha preso dalla sua comoda casa e lo ha portato dall'altra parte del mondo, mettendoci dentro paure, speranze, voglie e delusioni. Ogni mattina mette qualcosa dentro quello zaino: dei fogli (alcuni stampati, altri scritti a penna), un po' di cioccolata e lo tiene stretto a sé mentre aspetta un treno che la porterà a prendere un autobus che la porterà a prendere un altro autobus. Ogni tanto sbircia dai fogli, appunta qualcosa, mangia un po' della sua cioccolata. Posa lo zaino soltanto arrivata a destinazione dove si traveste in pochi minuti. Entra in un ruolo che non sente suo. Lo fa perché è costretta a farlo: è la vita che, al momento, glielo sta imponendo. Lavora quattro, cinque e poi sei ore. Ogni tanto ruba un pezzetto della cioccolata destinata al pomeriggio. Lei è serena, lo è sempre. Va in bagno, vede il suo viso e corregge il trucco o, forse, nasconde le occhiaie.
Dopo aver tolto il primo costume di scena prende lo zaino per andare a prende un treno che la porterà verso un autobus, poi verso la metropolitana. Posa il suo zaino e si traveste, di nuovo. Durante il tragitto ha letto un po' più del solito ed è felice. È appena arrivata dall'altra parte del mondo, indossa nuovamente un vestito di scena ed inizia a lavorare. Nel pomeriggio tutto è diverso: passano quattro, cinque e poi sei ore come se l'orologio fosse rallentato da una forza sconosciuta. O forse è solo stanca.
Termina il turno, non ha senso correggere il trucco. Prende un treno, una metro, un altro treno ed è a casa. La cioccolata è finita da tempo. Cucina qualcosa. È troppo stanca per leggere ma deve farlo. Lo deve fare perché deve prendere il controllo della sua vita. Lei è serena, ma sa che può esserlo di più. Ogni giorno di più.
Il suo sguardo cade su un foglio bianco. Disegna due puntini, due parti del mondo. Ha scelto il colore rosso, soltanto perché le piace. Le sue dita lo afferrano alle estremità. Quel foglio è una metafora di ciò che è solo apparentemente piatto.
Due puntini.
Dolcemente lo piega, lo gira e poi lo ripiega ancora. La bidimensionalità di quel pezzo di carta è alterata da una forza così forte da distorcere lo spazio e, probabilmente, il tempo. Le sue mani continuano a girare e piegare quel foglio che assume forme, finalmente, definite. I movimenti sono coreografici e celano una incredibile dolcezza nell'esecuzione.
È tardi.
Sistema il suo zaino su quella sedia che lo ha ospitato, ogni notte, per così tanti anni. Prima di andare a dormire prepara altri fogli che la accompagneranno domani quando, come ogni giorno, sarà in due parti del mondo diverse. È serena, ma forse è anche un po' più stanca di ieri.
E questa voglia di svegliarsi domani, se potesse essere trasmessa, sarebbe il concetto universale di eroismo puro e perfetto.